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BREVI NOTE SUL PLAGIO MUSICALE

BREVI NOTE SUL PLAGIO MUSICALE di Salvo Dell'Arte 1- Introduzione alle opere dell'ingegno Tra i vari distinguo e classificazioni di bene giuridico vi è la definizione di beni immateriali e incorporali come quei beni che possono formare oggetto di rapporti giuridici, ma che non sono tangibili, “quae tangi non possunt” ; il risultato della creazione intellettuale che si concretizza in un'opera dell'ingegno viene altresì definito come “corpus mysticum” e corrisponde all'idea creativa realizzata la quale è un bene immateriale; qualora l'idea creativa realizzata sia poi fissata su un supporto materiale , questo viene definito giuridicamente come “corpus mechanicum”. Il codice civile nel Libro Quinto sul lavoro, Titolo IX, dedicato ai diritti sulle opere dell'ingegno e sulle invenzioni industriali, intitola il Capo Primo: “Del diritto di autore sulle opere dell'ingegno letterarie ed artistiche”. L'art. 2575 c.c. individua l'oggetto del diritto affermando che formano oggetto del diritto d'autore le opere dell'ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque sia il modo o la forma di espressione. L'art. 1 della L. 22 aprile 1941 n. 633, d'ora innanzi per brevità indicata come L.A., afferma che sono protette le opere dell'ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione. A parte quindi la mancata menzione “alle scienze”, la formulazione dell'art. 1 è identica a quella dell'art. 2575 c.c. Sono protette dalla L.A. non solo le opere artistiche in senso stretto, cioè rientranti nel campo soggettivo del bello e dell'estetica, ma anche le mere opere dell'ingegno che possiedono i caratteri della creatività, novità, originalità e non banalità pur senza apprezzabile valore artistico ; stante che la legge non richiede un particolare grado di creatività, ai fini della tutela, è sufficiente che il requisito della creatività sussista sia pure in misura modesta. Tra le opere dell'ingegno vi sono le opere e le composizioni musicali, con o senza parole, le opere drammatico-musicali e le variazioni musicali costituenti di per sé opera originale (art. 2 n. 2 L.A). È noto che l'elenco delle opere di cui all'art. 2 L.A. è meramente esemplificativo e non ha carattere esaustivo né tassativo; perciò qualunque espressione dell'intelletto umano che abbia il requisito della creatività è tutelata come opera dell'ingegno. Soggetto titolare del diritto d'autore è il suo creatore a titolo originario (art. 6 L.A.) salve le ipotesi di creazione del lavoratore subordinato o su commissione la cui disciplina esula dalla presente disamina. Come già accennato, elemento fondamentale e qualificante dell'opera dell'ingegno è il suo carattere creativo, è cioè necessario che l'opera sia il risultato di un'attività creatrice tale da concretizzarsi nella realizzazione di un qualche cosa che prima non esisteva nel mondo esterno. Gli interpreti hanno più volte definito il concetto di creatività come “un'organica originalità di creazione” indipendentemente dal valore o merito dell'opera stessa . Ritengo che la creatività possa essere definita, anche ai fini dell'applicazione della L.A., come la presa di posizione soggettiva dell'artista nella lettura del reale e dell'immaginario o, se si vuole a contrario, la soggettiva concretizzazione dell'immaginario. L'opera d'arte è il risultato dell'attività spirituale dell'artista che vuole esprimere una sua visione o una sua interpretazione. Affinché un'opera possa essere creativa, e dunque opera dell'ingegno tutelata, è sufficiente che in essa si apprezzi l'elemento soggettivo dell'autore nella lettura della rappresentazione; non ha rilevo se l'opera possa essere qualificata nei canoni di estetica del bello, ad esempio una fotografia creativa può anche non piacere ma non per questo deve essergli negato lo status di opera d'arte. Nella nuova formulazione dell'art. 1 della L.A. si è volutamente evitato di riproporre l'espressione contenuta nel medesimo articolo di cui alla precedente legge 1950/1925 che definiva opere protette le opere “qualunque ne sia il merito e la destinazione”. La Relazione al progetto della L.A. del 1941 giustifica la mancata ripetizione dell'inciso di cui sopra come segue: “occorre che l'opera abbia un merito, sia pur modesto, perché altrimenti non avrebbe il valore creativo che giustifica la protezione e che dà all'opera la necessaria originalità. Ed occorre altresì che l'opera abbia la sua destinazione specifica di rappresentazione intellettuale, diretta ad una comunicazione al pubblico, in ciò il diritto di autore distinguendosi dalla privativa industriale che ha per destinazione specifica l'attuazione del ritrovato. La vecchia formula qualunque sia il merito e la destinazione è stata dunque giustamente scartata perché inesatta”. Ne consegue quindi che il requisito della creatività comporta che l'opera debba essere il risultato di una attività qualificata di creazione intellettuale, e non di un qualunque lavoro intellettuale, grazie alla quale l'opera assume una sua originalità e un segno distintivo rispetto alle opere preesistenti. E' da notare bene che l'originalità non deve essere individuata nel contenuto, nel concetto o nell'argomento dell'opera ma nel modo di espressione dell'opera stessa . 2- Il diritto d'autore e il suo contenuto All'autore dell'opera musicale spettano, come a tutti gli autori delle opere dell'ingegno, i diritti previsti dal Capo III del Titolo 1 della L.A. intitolato “contenuto e durata del diritto d'autore” in quanto compatibili con la natura dell'opera stessa. Il D. Lgs. 9 aprile 2003 n. 68, di attuazione della Direttiva 2001/29/CE del 22 maggio 2001 sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione , si è concretizzato in un intervento in parte meramente lessicale, introducendo nella oramai datata disciplina (1941) una terminologia più conforme alle nuove invenzioni tecnologiche e in parte introducendo rilevanti modifiche alla precedente disciplina . Occorre prendere atto, come fa la Direttiva 2001/29/CE, che l'armonizzazione delle diverse legislazioni nazionali deve basarsi su un alto livello di protezione dei diritti spettanti all'autore dal momento che tali diritti sono essenziali per la creazione intellettuale. La loro protezione contribuisce a salvaguardare e ad incentivare lo sviluppo della creatività nell'interesse non solo degli autori ma anche della cultura, dell'economia e della società in generale. La proprietà intellettuale non genera un prodotto destinato solo allo svago o al piacere, ma è parte essenziale di un processo economico in continuo progresso e deve essere tenuta in considerazione come ogni altro elemento sul quale si fonda la moderna società. Per essere incentivati nella loro opera gli autori, i quali sono in larga misura lavoratori autonomi, devono essere tutelati in maniera uniforme in ogni Paese e devono vedersi riconosciuto il giusto compenso per i loro sforzi creativi. L'arte è un bene comune, ma la singola opera è il prodotto di uno sforzo intellettuale e creativo del singolo che deve essere tutelato nei suoi diritti patrimoniali, economici e morali. Soprattutto alla luce delle nuove tecnologie e con l'avvento del digitale, che abbatte definitivamente le barriere frontaliere, appare necessario uno sforzo volto a portare le singole legislazioni nazionali ai medesimi livelli di tutela e ad instaurare giuridicamente uno spazio senza frontiere interne, in modo da creare un regime teso a garantire la concorrenza leale nel mercato comune. Dalla disposizione sistematica delle norme si può evincere la volontà del legislatore di considerare il diritto d'autore come un diritto di natura propria il cui titolo ha origine dal lavoro intellettuale tutelato all'art. 2060 c.c. ai sensi del quale il lavoro è tutelato in tutte le sue forme organizzative ed esecutive, intellettuali, tecniche e manuali. La natura giuridica del diritto d'autore è dibattuta e, sinteticamente, si può riassumere in tre principali teorie: i. la prima ritiene che il diritto d'autore faccia parte della categoria dei diritti della personalità ; ii. la seconda, partendo dall'assolutezza del diritto d'autore e quindi dalla sua opponibilità erga omnes, ne fa derivare la natura di diritto reale quale espressione del diritto di proprietà; iii. la terza afferma che il diritto d'autore è un diritto soggettivo che costituisce tipo a se stante con un proprio regolamento giuridico. Ritengo che quest'ultima opinione sia quella preferibile e cioè che si tratti di un diritto soggettivo, diverso dal diritto reale di proprietà, che tutela l'espressione del lavoro intellettuale dell'autore e i suoi interessi economico–patrimoniali connessi alla creazione intellettuale anche alla luce della volontà del legislatore di non regolamentare il diritto d'autore nel codice civile nel Libro V dedicato al lavoro. Distinguiamo innanzi tutto i diritti di natura economica, rectius di utilizzazione economica, dell'opera dai diritti sull'opera a difesa della personalità dell'autore, il cosiddetto diritto morale; i primi sono quelli previsti dalla Sezione I del Capo III, i secondi sono quelli previsti dalla Sezione II del medesimo Capo. La Sezione III, come vedremo, è dedicata alle norme che stabiliscono la durata dei diritti di utilizzazione economica dell'opera. 3- I diritti di natura patrimoniale Gli artt. 12 e seguenti L.A. regolano i singoli diritti di utilizzazione che vengono classificati come segue: 1. diritto di pubblicazione (art. 12 L.A.); 2. diritto di riproduzione (art. 13 L.A.); 3. diritto di trascrizione (art. 14 L.A.); 4. diritto di esecuzione (art. 15 L.A.); 5. diritto di rappresentazione e recitazione in pubblico (art. 15 L.A.); 6. diritto di diffusione a distanza, ora novellato come diritto esclusivo di comunicazione al pubblico (art. 16 L.A.); 7. diritto di distribuzione (art. 17 L.A.); 8. diritto di traduzione (art. 18 L.A.); 9. diritto di noleggio (art. 18-bis L.A.). Tutti questi diritti, a norma dell'art. 19 L.A., sono tra loro indipendenti e l'esercizio di uno di essi non esclude l'esercizio esclusivo di ciascuno degli altri diritti; essi hanno per oggetto l'opera nel suo insieme ed in ciascuna delle sue parti. 4- Protezione dei diritti sull'opera a difesa della personalità dell'autore: il cosiddetto diritto morale dell'autore 4.1. Fonti L'art. 2577 secondo comma c.c. dispone che l'autore, anche dopo la cessione dei diritti patrimoniali sull'opera, può rivendicare la paternità dell'opera stessa ed opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione o altra modificazione dell'opera che possa essere pregiudizievole al suo onore o alla sua reputazione. Parallelamente l'art. 20 L.A. dispone che, indipendentemente dai diritti esclusivi di utilizzazione economica dell'opera e anche dopo la cessione degli stessi, l'autore conserva il diritto di rivendicare la paternità dell'opera e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione e ad ogni atto a danno dell'opera stessa, che possono essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione. Il diritto d'autore in senso lato risulta dunque costituito oltre che da un fascio di diritti e facoltà di ordine economico patrimoniale anche da un fascio di diritti e facoltà volti a tutelare interessi morali e personali dell'autore in relazione all'opera d'arte creata. E' importante rilevare che il diritto morale non protegge la personalità dell'autore tout court bensì in relazione all'opera creata come si desume dalle facoltà che il diritto morale attribuisce all'autore, che non sono dirette alla tutela in assoluto della persona dello stesso, ma alla tutela della personalità dell'autore soltanto correlata con l'opera dell'ingegno, tant'è che il diritto viene violato nel momento in cui viene violata l'integrità dell'opera stessa . Negli ordinamenti di cultura giuridica anglosassone o di common law, si è soliti distinguere tra ownership, che è la titolarità dei diritti economici, e authorship, che è la paternità e la titolarità morale dell'opera. La contrapposizione tra il diritto morale e i diritti di utilizzazione economica rende chiaro come il primo sia volto a tutelare gli interessi non patrimoniali dell'autore anche quando nella violazione del diritto morale si può, se del caso, riconoscere all'autore il diritto al risarcimento del danno che si traduce in una quantificazione economica. 4.2. Diritto alla paternità ed all'integrità dell'opera Il diritto morale si compone quindi del diritto alla paternità dell'opera e del diritto all'integrità dell'opera. Il primo si collega all'art. 6 L.A. il quale attribuisce, a titolo originario, il diritto d'autore al creatore quale particolare espressione del lavoro intellettuale e si concretizza nel diritto di poter apporre o di far apporre sull'opera il proprio nome. L'art. 22 L.A. dispone che il diritto morale d'autore, in entrambe le sue accezioni del diritto alla paternità ed all'integrità dell'opera, è inalienabile; tuttavia, per quanto riguarda il diritto all'integrità dell'opera, qualora l'autore abbia conosciuto e accettato le modificazioni dell'opera stessa, egli non ha più diritto di agire per impedirne le modificazioni o per chiederne la soppressione. Il diritto morale non ha limiti di tempo e non è soggetto a decadenza; il suo esercizio spetta, dopo la morte dell'autore, al coniuge e ai figli e, in loro mancanza, ai genitori o agli altri ascendenti e discendenti diretti o, mancando gli ascendenti e i discendenti, ai fratelli e alle sorelle e ai loro discendenti . 5- Il Plagio Il plagio consiste nell'appropriazione degli elementi creativi dell'opera altrui; nel ricalcare, cioè, in modo parassitario quanto da altri ideato e, quindi, espresso in una forma determinata e identificabile . Il plagio consiste dunque nell'usurpazione della paternità dell'opera vantandone la sua creazione come originale; ne consegue che si violano non soltanto i diritti patrimoniali dell'autore originario, ma anche i suoi diritti morali come sopra individuati. Fattispecie diversa è la contraffazione nella quale si violano solo i diritti patrimoniali dell'autore al quale si riconosce comunque la paternità dell'opera: la fattispecie si concretizza nella duplicazione illegittima dei CD. Ancora diversa è l'ipotesi del falso d'autore che consiste nell'attribuzione della paternità di un'opera a un soggetto che non ne è il creatore; ciò avviene per opere attribuite ad autori famosi ai fini della loro commercializzazione. Il plagio di una composizione musicale può riguardare anche una parte della composizione stessa; anche un motivo non del tutto banale presente nel ritornello di una canzone può formare oggetto di plagio quando sia stato ripreso con particolare insistenza e risalto . Per aversi plagio non è necessario che sia copiata l'intera opera, ma è sufficiente che la violazione riguardi il nucleo essenziale di essa, nel senso che gli eventuali elementi aggiunti, modificati o soppressi non siano tali da eliminare il legame esistente tra l'opera stessa ed il suo autore . La parziale assonanza tra due composizioni musicali, casuale e limitata a poche battute, esclude che tra esse vi sia plagio, soprattutto quando esse si ispirano a diverse tradizioni musicali . Occorre ricordare, sia pure semplicisticamente e con l'approssimazione che consegue alla schematicità dell'esposizione, che la struttura di un'opera musicale è composta essenzialmente da tre elementi portanti che formano la sua struttura: 1- la melodia; 2- l'armonia; 3- il ritmo. La melodia consiste nel motivo musicale portante cioè la linea in sequenza di note in assolo siano esse il cantato o strumentali. L'armonia è la successione degli accordi di base della struttura del pezzo sui quali è costruita l'armonia. Il ritmo è la cadenza della sequenza delle note e degli accordi o, più in generale, del brano nel tempo. Secondo un certa interpretazione della giurisprudenza l'elemento sul quale deve essere condotto il giudizio di plagio è la melodia, soprattutto se si tratta di musica leggera, poiché è tramite di essa che si estrinseca il linguaggio musicale creando il nucleo creativo del brano che lo individua e lo contraddistingue rendendolo riconoscibile . Di contro in altre decisioni si legge una apertura diversa dalla quale sembra potersi trarre la conclusione che anche gli altri elementi della struttura di un'opera musicale meritino tutela. In particolare con riferimento alla melodia ci si deve riferire non solo alla mera successione di note, ma anche ai tempi di tale successione e alle accentuazioni poste sulle singole note: cioè al ritmo, quale elemento anch'esso inevitabilmente costitutivo della melodia . A mio avviso non è possibile assumere una posizione aprioristica per l'individuazione di quali elementi della struttura di un'opera musicale si debba tenere conto per valutare l'esistenza del plagio. Infatti occorre valutare nel caso concreto se la sola melodia sia tipizzante della creatività dell'autore e distingua il brano rendendolo riconoscibile oppure se anche l'armonia, ossia il giro degli accordi, non assurga a elemento portante della riconoscibilità del brano. Infatti vi sono brani in cui il giro di accordi è diventato immediatamente riconoscibile e indicativo del titolo e dell'autore molto prima dell'inizio della melodia centrale. Alcuni casi, nella storia della musica rock, sono diventati simbolo e anthem solo grazie al riff degli accordi iniziali. Alcuni esempi chiariranno il concetto: “Smoke on the water” è il brano più famoso dei Deep Purple e non vi è ascoltatore, anche non appassionato al genere, che non riconosca il brano dalle prime quattro battute introduttive; la melodia inizia molti secondi dopo l'intro. Ci sono alcuni negozi di strumenti musicali in Inghilterra in cui viene esposto un cartello nel quale si vieta di suonare detto pezzo quando si provano le chitarre; è evidente la sottile ironia che sta a sottolineare che quel giro di accordi è il più suonato. “I can get no satisfaction” dei Rolling Stones è altrettanto conosciuta solo grazie agli accordi dell'armonia di base della chitarra di Keith Richard; credo che ogni ragazzo che abbia imbracciato una chitarra elettrica abbia, almeno una volta nella sua vita, provato a suonare detti accordi. Lo stesso dicasi per “Whola lotta love” dei Led Zeppelin e tanti altri brani il cui marchio di fabbrica è dato anche da un solo accordo iniziale; l'elenco potrebbe essere lungo ed esula dallo scopo del presente lavoro. Lo stesso dicasi anche per il ritmo; vi sono incipit ritmici che hanno fatto la storia della musica. È pur vero che nella ritmica, negli accenti e nei colori della progressione di questi è più arduo individuare una creatività originale, ma la difficoltà non esime l'interprete dal dare tutela anche a tale aspetto dell'opera musicale ve ne ricorrano i presupposti. Ad esempio “Give the peace a chanche” di John Lennon (1962) è introdotta solo con una base ritmica immediatamente orecchiabile che sembra ripresa da Adriano Cementano nella sua “Chi non lavora non fa l'amore” (1970). “We are the champions” dei Queen è quasi esclusivamente basata sul ritmo della batteria; gli altri strumenti entrano solo alla fine del brano. Anche una melodia e un giro armonico che non siano dotati di particolare originalità possono diventare distintivi se alla loro base si applica un ritmo particolare. Ad esempio il giro di “Knockin on heaven's door” di Bob Dylan, brano suonato da moltissimi altri artisti, è un semplice giro di sol contraddistinto da accenti e ritmo che lo rendono originale. 6- Il grado di originalità Ulteriore argomento da esaminare riguarda il grado di originalità che l'opera musicale deve trasfondere per essere tutelata dal diritto d'autore. Ancora una volta ci troviamo di fronte a differenti interpretazioni. Secondo una posizione, che definirei restrittiva, non è tutelabile dal diritto d'autore il brano di musica leggera che, per la semplicità della melodia simile a numerosi precedenti, sia carente del requisito dell'originalità; è pertanto da ritenersi esclusa la configurabilità del plagio in relazione a tale brano . Sicché ove un brano musicale non sia dotato di quel gradiente di originalità suscettibile di fondare la tutela del diritto di autore deve escludersi il plagio rispetto ad analoga composizione. Tale interpretazione sembra basarsi sulla dichiarazione apodittica per la quale la preesistenza di brani simili antecedenti a quelli per i quali si lamenta il plagio escluderebbe la violazione dei diritti d'autore senza altra valutazione di carattere storico, logico o particolare. Più ampia sembra la lettura per la quale è qualificabile come plagio musicale la riproduzione della melodia di una canzone in una composizione successiva, tale da ingenerare nell'ascoltatore medio le stesse reazioni emotive suscitate dal brano plagiato . Nell'ordinamento giudiziale italiano la battaglia per la tutela dei diritti d'autore per plagio si combatte tutta a colpi di consulenze tecniche di ufficio assunte da maestri e compositori famosi, dalle quali si tenta di dimostrare quante altre opere musicali nel passato si richiamano o meglio siano simili a quella di cui si lamenta il plagio. E ciò allo scopo di dimostrare la carenza o la pochezza dell'elemento creativo nel brano per il quale si agisce in giudizio e conseguentemente farlo dichiarare non soggetto a tutela. Tale posizione è criticabile e sembra non tenere conto che, soprattutto nella musica leggera, la orecchiabilità della melodia o dell'armonia richiede per forza di cose soluzioni tonali semplici e strutturalmente di immediata percezione. Ovviamente quanto maggiore è la sperimentazione della composizione tanto maggiore è la sua originalità, ma ciò va a discapito dell'immediatezza relativa e dell'armonia. Le leggi della composizione armonica sono sempre quelle e se si vuole restare nell'ambito dei giri armonici non dissonanti le combinazioni delle note non possono essere infinite. Il linguaggio musicale è composto essenzialmente da sette note principali e cinque mezzi toni (diesis e bemolle) cioè, in tutto, dodici suoni che possono essere combinati tra di loro. È pur vero che nell'immaginario dei calcoli matematici delle possibili combinazioni dei dodici suoni le soluzioni armoniche diventano infinite ma, dal punto di vista pratico, appaiono limitate ad un numero finito ancorché elevato. Infatti, come affermato dal compositore Sergej Prokof'ev (1891-1953), una melodia inizia con una nota contraddistinta in altezza dalla quale si può passare ad una seconda nota nella medesima ottava o in quella superiore o in quella inferiore: per ciascuna ottava si possono scegliere dodici note e cioè si hanno a disposizione venticinque possibilità per la seconda nota. Tali possibilità si moltiplicano nella terza nota e così via per tutta la lunghezza della frase musicale. Si deve però considerare che molte combinazioni danno luogo ad assonanze di cui alcune contrarie alle norme della melodia e altre semplicemente non gradevoli all'orecchio abituato ad una certa cultura musicale. Ho specificato appositamente la cultura musicale la quale non è universale ma dipende dalle tradizioni e dall'utilizzo degli strumenti per fare musica che sono storici per determinate società; ad esempio la musica classica europea, italiana principalmente, è caratterizzata da certa ricercatezza di armonie orecchiabili mentre quella di origine russa è più usa all'utilizzo di leggere dissonanze che la rendono distinguibile all'orecchio del cultore italiano. Si pensi ancora alle nette differenze tra il jazz classico, molto orecchiabile con commistioni blues, di Bessie Smith o di Luis Armstrong prima maniera e le improvvisazioni caratteristiche del free-jazz del sassofonista Ornette Coleman o del pianista Cecil Taylor o le dissonanze tipiche del bebop di Dizzy Gillespie o di Charlie Parker; negli ultimi due stili le combinazioni musicali sono molto più ampie rispetto al primo con possibilità per l'artista di spaziare in sonorità tanto ardite quanto, però, di difficile comprensione. Ne consegue che le combinazioni musicali si riducono drasticamente se si vuole ottenere un risultato armonico e melodico orecchiabile. L'approccio dell'interprete giurista alla materia può portare all'adozione di soluzioni diametralmente opposte per fattispecie che sono sostanzialmente simili col risultato di negare tutela ad artisti e conferirla invece ad altri a seconda della fortuna che questi hanno avuto ad essere giudicati in forza dell'una o dell'altra lettura del diritto. È, a mio avviso, esemplare il raffronto tra due procedimenti i quali hanno, di fondo, fattispecie di plagio di melodie di musica leggera, sia essa pop o diversamente qualificabile, la cui originalità è del tutto simile e paragonabile; mi riferisco alle sentenze emesse dai giudici italiani nel procedimento tra Albano e Michael Jackson e quella emessa dal giudice statunitense nel procedimento tra George Harrison ed il compositore Ronald Mack a cui dedichiamo il successivo paragrafo. 7- Due casi a confronto: Albano Carrisi contro Michael Jackson e George Harrison contro Bright Tunes Music Corporation Il primo esempio giudiziario di cui ci occuperemo è il caso che ha visto coinvolti e contrapposti fra di loro Albano Carrisi e Michael Jackson e che si è sviluppato in una serie di procedimenti, sia di urgenza che di merito, conclusisi con la constatazione dell'assenza di plagio. Nel 1987 Albano ha composto una canzone dal titolo “I cigni di Balaka”; successivamente nel 1981 Michael Jackson ha composto una canzone dal titolo “Will you be there”. Constatata la similitudine tra le due melodie Albano citava in giudizio Michael Jackson innanzi ai giudici italiani competenti territorialmente; la contrapposizione tra le parti ha avuto un iter processuale articolato, ma ciò che qui preme precisare e sottolineare è il sillogismo logico-giuridico che i giudici hanno seguito nell'esame del merito della causa. I giudici italiani hanno affermato che il giudizio sul plagio per i due brani in questione doveva essere condotto con riguardo precipuo alla melodia, ossia alla componente del linguaggio musicale che, nella specie di musica leggera, esprime con maggiore immediatezza e incisività il nucleo creativo del brano stesso consentendo di individuarlo e di riconoscerlo. In tale esame il giudizio non deve essere sviluppato in base alla percezione soggettiva da parte dell'ascoltatore, il quale resterebbe imprecisato, ma in base alla percepibilità oggettiva della melodia stessa. In sostanza, il giudizio deve essere espresso sulla base di elementi oggettivi, desunti dalla struttura melodica del brano, da apprezzare e valutare secondo un orientamento tradizionale nei suoi elementi essenziali. È da rilevare che nella fattispecie le prime sei misure del brano dei “Cigni di Balaka” corrispondevano fondamentalmente alle prime tre misure del brano “Will you be there”; la melodia era sviluppata sulla stessa scala maggiore e con una progressione di note pressoché similare. Infatti anche i giudici hanno concluso sulla sussistenza di un'identità dei due brani musicali nella loro struttura melodica. Ciò posto l'esame dei giudici si è dirottato sulla valutazione della sussistenza o meno di originalità nei due brani in questione. In ciò l'organo giudicante è stato supportato dalle consulenze tecniche le quali evidenziato che i temi melodici in esame erano molto simili a diversi altri brani precedenti ; in tutti i brani precedenti sono stati rilevati delle varianti ritmiche e melodiche, ma identità di struttura, intesa come scala, progressione melodica e come intervalli, ha fatto concludere all'organo giudicante che le due melodie, nella parte in cui sono identiche, non sono dotate di quel gradiente di originalità suscettibile di fondare la tutela sul diritto d'autore. Si noti che nella fattispecie le melodie coincidevano per una parte sostanziale e per un numero di note e di battute considerevole. Il secondo esempio pratico riguarda una vicenda giudiziaria che ha visto coinvolto, nel 1976, l'ex Beatles George Harrison contro la Bright Tunes Music Corporation titolare del copyright creato dal compositore Ronald Mack dal titolo “He's so fine”. L'ex Beatles è stato citato in giudizio innanzi alla Corte distrettuale degli Stati Uniti di New York per accusa di plagio con la sua composizione “My sweet Lord” pubblicata sul suo primo album solista e di grande successo. “He's so fine” è stata composta e registrata nel 1962; “My sweet Lord” è stata composta e registrata nel 1970. Anche in questo caso gli sviluppi procedurali sono di scarso rilievo ciò che qui importa esaminare è il merito e la conclusione a cui giunge il giudice. Le due melodie consistono fondamentalmente in una frase musicale molto corta e composta da sole tre note “sol-mi-re”: e da una seconda frase composta da sole cinque note “sol-la-do-la-do”: In questo caso il giudice ha considerato che, nonostante entrambi i motivi non siano da considerarsi nuovi e originali, il loro utilizzo nei brani è da ritenersi originario e creativo e quindi assoggettabile a tutela in forza della legge sul diritto d'autore. Ciò posto, constatata la pressoché identità tra i due motivi, nonostante in giudizio sia stata provata l'esistenza di precedenti brani musicali aventi la stessa linea melodica, il giudice ha condannato George Harrison al pagamento dei danni per plagio di poco inferiori a $ 1.600.000. Come si vede due fattispecie assolutamente similari tra loro per quanto riguarda l'originalità e l'orecchiabilità delle melodie sono state decise con due soluzioni diametralmente opposte con conseguenze economiche di rilievo totalmente differenti.